Il Marzocco incoronato
Torna a Firenze l’incoronazione del Marzocco
Anche quest’anno torna a rivivere a Firenze l’antica tradizione dell’incoronamento del Marzocco, in occasione dei festeggiamenti del patrono San Giovanni
Il Comune di Firenze, la Società San Giovanni Battista di Firenze, il Corteo Storico della Repubblica Fiorentina e del Calcio Storico Fiorentino e la Bottega Orafa Paolo Penko faranno rivivere l’antica tradizione fiorentina dell’incoronamento del Marzocco che, storicamente avveniva quattro giorni prima di San Giovanni, il 24 giugno, e con la deposizione della corona quattro giorni dopo. Si tratta di due brevi cerimonie, ma di grande impatto simbolico e spettacolare, con il contributo del Corteo Storico della Repubblica Fiorentina, schierato per l’occasione in piazza della Signoria. La prima avverrà domenica prossima, 19 giugno alle 11, con l’apposizione della corona sulla testa della statua del Marzocco. La seconda ci sarà il 26 giugno, sempre alle 11 per la deposizione della corona.
Già nel 1349 sulla facciata Nord di Palazzo Vecchio venne collocato un Marzocco in pietra che, durante le celebrazioni del patrono di Firenze San Giovanni Battista, veniva solennemente incoronato, come ad indicare che solo a lui era consentito portare una corona in una città libera.
Una creazione unica, ideata per l’occasione, per celebrare il patrono di Firenze. Preziosi trafori, cesellature e incisioni a bulino, arricchite con smalto rosso cremisi traslucido alternato a smalto bianco, caratterizzano questo capolavoro d’arte orafa. Perle, granati, cristalli di vari tagli e forme ed un lapislazzuli sono stati utilizzati per “gioiellare”, alla maniera antica, la corona destinata a decorare la testa del Marzocco.
La Corona del Marzocco è stata ideata dalla Bottega Orafa Paolo Penko in collaborazione con la società di San Giovanni Battista, con il Comune di Firenze e con il Corteo Storico della Repubblica Fiorentina.
Quest’opera, dal diametro di 26 cm, è realizzata in ottone dorato ed è costituita da un’importante fascia alta 15 cm. Suddivisa in sei ordini, è decorata con la tecnica del penkato, alternata a finissime cesellature e puntinature. È decorata con cinque imponenti gigli bottonati, finemente cesellati su entrambi i lati e smaltati in rosso cremisi traslucido con preziose lumeggiature in oro. Ciascun giglio è impreziosito da un cristallo rosso sfaccettato con taglio a “braccio di croce”. I gigli si alternano a cinque gruppi di tre perle barocche a goccia, sostenute da un elemento a foglia di acanto con girali e volute; a fermare ogni perla, un piccolo elemento smaltato. Al centro della corona spicca la testa del Marzocco di Donatello che indossa la Corona Granducale di Cosimo I de’ Medici. Nei suoi occhi sono incastonati due rubini birmani; ai suoi lati sono posizionati due loghi Penko con al centro una pietra bianca sfaccettata. Sullo stesso registro del Marzocco sono disposti 19 elementi decorativi quadrilobati di varie forme, cesellati e incisi a bulino, e impreziositi da granati, perle, cristalli e castoni decorati con smalto cremisi e bianco. Al di sotto si trova il motto “Corona porto per la patria degna acciocchè libertà ciascun mantegna”, come riportato dal novelliere Franco Sacchetti. Il motto è inciso a bulino in carattere “Rotunda”, ispirato a quello usato dall’umanista fiorentino Poggio Bracciolini. Sotto la criniera del marzocco è inserito un lapislazzuli cabochon, con al centro il simbolo della Società di San Giovanni Battista. Sulla stessa fascia si trovano 28 castoni penkati che alternano sei perle sferiche di color rosato a 22 pietre rosse cabochon contornate da piccole decorazioni a smalto bianco. Sul retro della corona, San Giovanni Battista, così come è rappresentato sull’antico Fiorino di Firenze del 1252.
Se San Giovanni Battista rappresenta ormai da secoli il simbolo religioso per eccellenza, uno dei simboli pagani più importanti per Firenze è il Marzocco, un leone eretto e rappresentato per decine di secoli in scultura e pittura è, in realtà, il simbolo del potere popolare.
Sul Marzocco la leggenda più famosa riguarda una statua che raffigurava il Dio Marte posizionata sul ponte principale di Firenze. La statua, vecchia di secoli, e più volte caduta in Arno, ripescata e riposizionata, era talmente erosa che per la sua fisionomia avrebbe abbozzato la raffigurazione di un leone. L’alluvione del 1333 distrusse il ponte, e la statua dedicata al Dio Marte scomparve in Arno e non fu mai più ritrovata.
La più celebre rappresentazione di un leone associato al Marzocco è quella di Donatello: la statua, simbolo della città di Firenze, fu commissionata all’artista nel 1418, non per essere collocata sulla “ringhiera” di Palazzo della Signoria ma per abbellire gli appartamenti papali di Martino V, in Santa Maria Novella, in occasione della sua venuta Firenze nel 1419.
La presenza della statua del Marzocco in piazza della Signoria, nella posizione attuale, è confermata in molti dipinti, affreschi e stampe ottocentesche, una delle quali è l’affresco sulla Festa degli Omaggi di Jan Van der Straet nella Sala di Gualdrada di Palazzo Vecchio. La copia oggi presente è stata restaurata nel 2016 su iniziativa degli sbandieratori del Calcio Storico Fiorentino e del Corteo Storico della Repubblica Fiorentina.
CITAZIONI E BIBLIOGRAFIA
Delle novelle di Franco Sacchetti cittadino fiorentino, Firenze, 1724, pag. 14/15
Il nostro comune ancora fece del suo valore nella poesia il dovuto concetto, trascegliendolo tra tutti i valenti uomini de’ suoi tempi a comporre alcuni versi, per iscrivergli nella corona del lione, posto sulla ringhiera davanti al Palazzo de’ Priori, oggi detto il Palazzo Vecchio; il che accadde l’anno 1377. Il perchè egli compose questo grave e sentenzioso distico: “Corona porto per la patria degna – acciocchè libertà ciascun mantegna”
Michelangelo Buonarroti, La Fiera, Stamperia di S.A.R. per li Tartini e Franchi, Firenze 1726, Anton Maria Salvini, Annotazioni sopra la Fiera giorno 3 at.I, sc.7
In Firenze per marzocco s’intende comunemente quel Lione, che sulla ringhiera di Palazzo Vecchio, di corona aurea e gioiellata stà coronato per le Feste del nostro Protettor S. Giovanni Batista.
Gaetano Cambiagi, Memorie Istoriche riguardanti le feste solite farsi in Firenze per la natività di San Giovanni Battista ecc., Stamperia Granducale, Firenze, 1766, pag.112/113
La mattina de’ 24 Giugno festività di San Giovanni, all’Ave Maria del Giorno vien posta da un uomo della Guardaroba Generale sopra la testa del leone di pietra situato sulla Ringhiera di Palazzo Vecchio una corona d’ottone dorato, che si conserva nel Monte Comune fatta a punte, e a gigli, con giglio grande rosso nella parte davanti, e nel forte di essa corona sono diversi rabeschi con varie gioie false, ornate di smalti di più colori, e la sera dopo le 24 ore gli è levata di testa. Qual sia l’origine d’incoronare il detto Leone non ho trovato memorie, che ne parli, ma credo che sia un uso della Repubblica, mentre essendo il Leone l’Arme della Città, s’introducesse un tal uso fin di detti tempi, per significare la sovranità di essa.
Dal volgo poi vien creduto, che nel tempo che il suddetto Leone è coronato, i Confinanti, e i Banditi siano sicuri alla Giustizia, ma non essendo ciò vero, succede che qualche volta sia carcerato qualcuno per simili delitti; godendo solo in passato otto giorni avanti, e otto giorni doppo detta festa il feriato i soli debiti civili; ed ora per giorni quindici consecutivi alla festa del santo.
Marietta de’ Ricci, ovvero Firenze al tempo dell’assedio, racconto storico di Agostino Ademollo, Stamperia Granducale, Firenze, 1840, pag. 365
Dal lato settentrionale della porta maggiore, cominciava un grande imbasamento, sporgente varie braccia nella piazza, alto dal suolo circa cinque braccia, che girava anche sul fianco fino all’altra porta, ed era chiamato la Ringhiera, ossia il luogo sul quale sedeva la Signoria nelle pubbliche feste, o parlamentava col Popolo. Dal suo principio a sinistra, aveva il bellissimo colosso di David, chiamato comunemente il Gigante, senza il braccio sinistro, rotto nell’assalto del Palazzo, descritto in principio del mio Racconto. Sull’angolo sinistro della porta, sopra una colonnetta di granito, vedevasi la statua in bronzo rappresentante Giuditta che ha reciso il capo di Oloferne, lavoro di Donatello, quivi posta nel 1495 ad esempio di coloro che pensassero farsi tiranni. Nel mezzo della Ringhiera, sopra un imbasamento di marmo graziosissimamente intagliato con gli emblemi della Repubblica, posava il Marzocco, dal quale spesso trovasi che i Fiorentini prendevano il nome di Marzoccheschi, come si legge negli storici delle loro guerre. Questo aveva il capo coronato da corona reale d’oro smaltata in bianco e rosso, nella cui fascia si leggeva il seguente distico, composto da Messer Francesco Sacchetti: “Corona porto per la patria degna, Acciocchè libertà ciascun mantegna.”
Era il Marzocco un Leone scolpito in pietra assiso sulle gambe di dietro e dritto su quelle d’avanti, con una delle quali reggeva lo scudo col Giglio Fiorentino. Si considerava come il talismano della Repubblica servendole d’Insegna; poichè essa non solo nutriva vivi a spese pubbliche i Leoni nel serraglio appresso al Pubblico Palazzo, ma ancora scolpiti in pietra ed in marmo, i Leoni, stavano eretti per tutte le città e castella soggette al dominio fiorentino, vedendosene quasi in tutte le case specialmente di Firenze al principio delle scale.
Benedetto Varchi, Storia fiorentina, vol II, Società editrice storie, 1843, pag. 309
…e che il signore Stefano per tenerlo contento si desse, oltre la guardia di tutto il monte, la cura e la maggioranza del governo della milizia e ordinanza fiorentina; la quale un mercoledì agli ventisei del medesimo mese di gennaio, accompagnò Malatesta da casa sua sino sulla piazza de’ Signori, dove nella ringhiera l’aspettava colla solita pompa il gonfaloniere e la signoria con altri magistrati, e per mostrare che quello era giorno solenne e feriato, avevano inghirlandato il Marzocco, messagli la corona d’oro sopra il capo.
Benvenuto Gasparoni, Il Buonarroti, Vol. I, Tipografia delle scienze, 1866, pag. 72/73
I fiorentini chiamavano Marzocco il lione o dipinto o scolpito, insegna della loro città. E più propriamente così chiamavano un grande lione scolpito in macigno, posto sulla sponda della ringhiera del palagio della signoria, che risponde sulla piazza, dove già ne’ passati secoli si adunava il gonfaloniere co’ priori delle arti e ogni altro magistrato nelle funzioni, che richiedevano la presenza di tutto il popolo: come dare il bastone a’ generali e cose simili. Questo lione è tuttavia nell’antico posto ed è assai grande; e per san Giovanni gli si metteva una corona ducale in testa, e i ragazzi gli facevano intorno molti scherzi.
Giuseppe Conti, Firenze Vecchia, Storia, cronaca, anedottica, costumi, R. Bemporad & Figlio, Firenze, 1899, pag.565
Quattro giorni prima e quattro giorni dopo quello di San Giovanni, si poneva al leone di Piazza, ossia al Marzocco, la corona in testa; e durante quel tempo, avevano piena libertà e sicurezza i debitori, i cessanti o falliti, i banditi e i condannati per qualsivoglia delitto. Sotto certi rispetti si può dire che al giorno d’oggi il Marzocco abbia la corona in testa tutto l’anno, ed è per questo non gli si mette più per San Giovanni.
Ottorino Pianigiani, Vocabolario etimologico della lingua italiana, Società editrice Dante Alighieri, Roma, 1907
Marzocco: A Firenze per marzocco s’intese comunemente un Leone coronato che nelle Feste di San Giovanni, patrono della città, si poneva sulla ringhiera di Palazzo Vecchio.
Aldo Valori – La difesa della Repubblica Fiorentina, Vallecchi editore, Firenze, 1929, pag.230
La cerimonia di consegna del bastone a Malatesta si compiè in Piazza il 26 gennaio. Tutta la milizia fiorentina sotto i suoi gonfaloni era schierata dal renaio dei Serristori al palazzo della Signoria per fare ala al nuovo Capitano generale. Sulla ringhiera del palazzo, riccamente addobbata, stava il Gonfaloniere con i Priori e gli altri Magistrati. Il Marzocco donatelliano era adorno di ghirlande di fiori e aveva la corona d’oro in capo. Nelle grandi solennità si soleva incoronare il Marzocco con corona d’oro smaltata di bianco e rosso, nella cui fascia si leggeva il distico famoso del Sacchetti: “Corona porto per la patria degna – acciocchè libertà ciascun mantegna”
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